DA FANO ALL’INDIA… AMICI SENZA FRONTIERE…

Secondo i dati a disposizione dell’AIRE, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, sono oltre 3 mila i fanesi che vivono fuori dai confini nazionali. Per i più il legame con la terra natia è però rimasto forte, quasi indissolubile, al punto da spingerli a tornare appena gli è possibile anche se solo per qualche giorno. Coi loro appassionati racconti su Fano sono per altro i primi perfetti testimonial della nostra città, ma allo stesso tempo svolgono pure il prezioso ruolo di guide o comunque di riferimento per quanti si recano là dove essi hanno scelto di trasferirsi. Sono, insomma, Amici Senza Frontiere a tutti gli effetti. Di qui l’idea della nostra Associazione (e grazie al sostegno di Naver Montaggi di Carmelo Cogliandro) di dedicargli questo spazio, per sentirci ancor più vicini nonostante le distanze e magari scoprire altri interessanti punti di vista. In questa cinquantaseiesima puntata abbiamo il piacere di ospitare Luca Longhini, che dal 2000 ha cominciato a frequentare l’India e da diversi anni ci vive col nuovo nome di Vedasamhita.

Ciao Luca, come mai hai lasciato l’Italia e perché hai scelto proprio quel Paese?

<Stavo attraversando un periodo in cui non mi sentivo bene con me stesso, anche al lavoro faticavo ad essere concentrato e trascorrevo la maggior parte del tempo isolato a leggere libri o a girare in bici. Mi incuriosì lo Yoga, così iniziai a seguire un corso a Pesaro e successivamente a Rimini. Fu allora che cominciai a fare degli strani sogni, che mi guidarono nelle scelte successive. In uno di questi un guru mi parlava, ma io non riuscivo a sentirlo. In un altro invece, mentre mi trovavo con delle persone attorno ad un fuoco, mi chiamava a sé. Erano dei segnali che mi dicevano di abbandonare le cattive abitudini e le emozioni negative, rimuovendo insomma ciò che ci impedisce di vedere le cose chiaramente. Capii che dovevo andare in India, dove i grandi Maestri da millenni tramandano la conoscenza degli insegnamenti yogici connettendo mente, corpo e spirito. Il mio primo viaggio là fu folgorante, anche perché ebbi l’opportunità di partecipare ad una cerimonia unica e dal fascino indescrivibile qual è la Maha Kumbh Mela. E’ infatti un evento che ogni 12 anni spinge decine di milioni di fedeli indù in pellegrinaggio fino a Prayagraj, che è il luogo dove si incontrano i tre fiumi sacri Gange, Yamuna e Sarasvati>.

Di preciso dove sei adesso e cosa fai?

<Io sto a Rikhia, un piccolo villaggio che si trova a circa 350 chilometri da Calcutta, nel distretto del Deoghar all’interno dello stato federato del Jharkhand. Vivo in un Ashram, ovvero una struttura in cui si fa meditazione ed eremitaggio e ci si mette al servizio delle popolazioni locali cercando di soddisfarne i bisogni quotidiani secondo i dettami di Shiva. Il fondatore è stato Swami Satyananda Saraswati, ritenuto universalmente come uno dei più grandi Yogi e Maestri del nostro tempo, che ho avuto il privilegio di conoscere avendo lasciato il suo corpo nel 2009. Abbiamo una mensa che tra pranzo e cena offre circa 10 mila pasti, inoltre si impartisce istruzione ai bambini e li si avvia alla pratica dello sport, si insegnano mestieri. Ognuno di noi mette poi a disposizione le proprie competenze, io ad esempio ho diretto la costruzione di alcuni forni in cui facciamo pane, pizza e dolci. Nel resto della giornata c’è spazio per meditazione e studio, principalmente di Yoga e Vedanta (ndr filosofia metafisica applicata alle intuizioni spirituali dello Yoga).

Hai avuto problemi di ambientamento e se sì quali?

<Sinceramente non ho avuto particolari problemi di ambientamento, anche perché ho avuto da subito la sensazione di conoscere tutti. Nonostante la poca dimestichezza con l’inglese ci si comprendeva, ma poi mi sono messo a studiarlo di buona lena ed ho fatto lo stesso pure con l’hindi. Adesso mastico persino un po’ di lingua tribale del posto. Per il resto non ho faticato ad adattarmi ad uno stile di vita molto diverso dal nostro, avendo ora con me solo l’essenziale. Nell’Ashram non ci sono peraltro pregiudizi di sorta, nemmeno di carattere religioso. Convivono assieme induisti, cristiani, musulmani, buddisti. Lo Yoga è una scienza che ci dà gli strumenti per migliorarci tirando fuori il potenziale che è in noi, non è una religione e non le condanna>.

Cosa ti manca di Fano?

<Di Fano mi manca il profumo del mare. I primi anni in certi momenti mi pareva di sentirlo, anche se non c’era>.

Pensi che ad un indiano possa piacere la nostra città?

<Io penso proprio di sì, pur essendo un contesto per loro decisamente diverso ed ai più sconosciuto là. Fano ha la sua storia e le sue tradizioni, che meritano di essere scoperte>.

Che piatti tipici locali faresti provare ad un fanese?

<A me piace il palak paneer, vale a dire un tipico formaggio indiano, il paneer appunto, in questo caso abbinato con gli spinaci. Lo trovo un piatto delizioso, insaporito magari con cipolla, aglio, peperoncino, zenzero e curcuma>.

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