DALL’ARGENTO IRIDATO SUI PATTINI A ROTELLE ALLA SEGRETERIA DI STORICI MINISTRI: BIANCA PIANOSI VERSO IL TRAGUARDO DEI 90 ANNI TRA GRANDI RICORDI

Vice-campionessa del Mondo di pattinaggio a rotelle, segretaria personale di sei ministri dell’Industria, attrice di teatro, vincitrice di diverse gare nazionali di sci, pattinaggio su ghiaccio ed auto e persino candidata a Miss Italia. Tutto questo è Bianca Pianosi, illustre cittadina fanese che il prossimo 30 aprile soffierà su novanta candeline. Ne ha vissute tante nella sua vita intensa, ma lo spirito è ancora quello della ragazzina che appena diciannovenne difendendo i colori dell’Alma Juventus Fano nel 1949 sfiorò il titolo iridato a Ferrara. Era il weekend del 3 e 4 settembre e si gareggiava nello storico circuito di Piazza Ariostea, scenario di imprese mitiche. <Io ero l’unica fanese a competere a quei livelli – ricorda con occhi lucidi e gioiosi la Pianosi, sorella di Gino, conosciutissimo ex presidente del Circolo Tennis – La mia specialità preferita erano i 5000 metri, però mi cimentavo anche sulle altre distanze. Sono stata infatti anche medaglia d’argento italiana di 1^ categoria nei 10000, duellando con la mia amica-rivale Angela Bossi. Ero proprio in camera con lei a Ferrara, alloggiate all’Hotel Annunziata. L’amore per il pattinaggio è nato da bambina, poi nel 1945 mi sono tesserata con l’Alma Juventus. In quegli anni, con la seconda guerra mondiale appena terminata, ci allenavamo ogni giorno. Si andava spesso fino a Fossombrone partendo da via Roma e percorrendo la vecchia Flaminia, oppure a Pesaro per raggiungere i pattinatori del locale Skating Club. A Fano giravamo anche a Piazza delle Erbe, radunando attorno a noi tanti curiosi. I miei primi pattini li acquistai dal pesarese Enzo Boiani, che li aveva realizzati utilizzando dei rottami di un aereo da combattimento americano abbattuto. Le rotelle erano in legno, così ogni poco tempo per l’usura ero costretta a rivolgermi al tornitore al Porto Canale. Pagavamo tutto di tasca nostra, ricorrendo a delle collette nei negozi per procurarci i soldi per partecipare alle gare più lontane. Una volta prendemmo pure un treno merci, stando seduti con le gambe fuori durante il viaggio>. Bianca Pianosi era tornata a Fano da Milano, dove si era trasferita fanciulla con la famiglia poiché il padre lavorava alla Pirelli. I bombardamenti avevano raso al suolo la sua casa milanese, determinando il rientro forzato. Nel ’50 giunse anche alla fase regionale di Miss Italia, concorso di bellezza che quell’anno per la prima volta prevedeva il gran finale a Salsomaggiore Terme e la diretta radio. La sua esperienza si concluse però a San Benedetto del Tronto, dileguandosi dietro le quinte perché in realtà non le interessava granché. Quindi la decisione di tentare la strada della recitazione, ritrovandosi in scena in rinomati palcoscenici romani ad interpretare parti in “Ofelia” di William Shakespeare e “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller dopo i primi passi con la Filodrammatica Fanese. All’arrivo nella capitale per mantenersi fece la comparsa a Cinecittà, attività piuttosto redditizia all’epoca. <In quel periodo bandirono un concorso per un incarico all’interno del Ministero dell’Industria – racconta ancora – Lo vinsi, su oltre mille partecipanti, prendendo spunto dalla poesia in inglese con la quale mi ero diplomata cinque anni prima e cioè “If” di Rudyard Kipling. Di lì a poco mi ritrovai promossa a segretaria particolare del ministro dell’Industria, lavorando per tredici anni a stretto contatto nell’ordine con Emilio Colombo, Giuseppe Togni, Giuseppe Medici ed Edgardo Lami Starnuti. Grazie ad un altro concorso nel 1966 ottenni poi un’altra importante assunzione a Bergamo e Milano, sfiorando solamente quindi il mandato di Giulio Andreotti. Ho fatto da anticamera a tanti grossi personaggi, ma uno degli episodi che mi piace ricordare è l’incontro con Enrico Mattei. Mentre attendeva di entrare per il suo appuntamento col ministro gli dissi “Noi ingegnere non siamo solo corregionali ma anche quasi compaesani, visto che io sono di Fano e lei di Acqualagna”. Lui annuì sorridente e, quando più tardi uscì dalla riunione, mi salutò con un “Arrivederci compaesana!” spettinandomi affettuosamente i capelli>.

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