MARIO BARBARESI: UN UOMO IN GRANATA
In queste giornate in casa che sembrano interminabili, viene naturale rispolverare le ingiallite pagine del passato. Andando a ritroso con la macchina del tempo nella lunga storia dell’Alma Juventus Fano 1906 non ci si può non soffermare su quelle scritte dal possente Mario Barbaresi, tra l’altro l’unico fanese ad aver giocato in una competizione europea con una prima squadra e per l’esattezza col Torino.
Mario, ti ricordi il tuo esordio con l’Alma?
<Era l’ultima giornata di serie D, maggio ’64, a Sulmona. Io avevo compiuto da poco 16 anni e il tecnico di allora, Rino Romani, decise di farmi esordire. Non si trovava però il mio cartellino e così nella distinta misero quello di un mio compagno, io all’appello risposi col nome di un altro e l’arbitro per fortuna non si accorse di niente>.
Al Torino come ci finisti?
<Il campionato successivo lo stesso Romani mi schierò per la prima volta, a metà marzo, a Pesaro contro la Vis. Mi ridiede fiducia anche nelle gare seguenti e, di lì a poco, arrivò la convocazione per un provino con la Juve a Cesena. Premetto che io ero affascinato dalla Vecchia Signora, anche perché in quel periodo in TV trasmettevano solo le partite dei bianconeri e io le andavo a vedere in parrocchia da Don Gabriele essendo tra i pochi a possedere un televisore. Al provino mi ritrovai allineati in campo Sivori con la Juve al completo, sicché mi emozionai e andò proprio male per me. Sugli spalti c’era però anche l’osservatore del Toro Ellena, che mi segnalò al club granata, affascinato dal fisico già notevole a quell’età. L’affare si fece e l’Alma, per paura che mi facessi male e potesse quindi saltare il trasferimento, non mi fece più giocare nelle successive giornate di campionato>.
Quando avvenne il debutto europeo?
<Il primo fu nel giugno ’67 nella Coppa delle Alpi a Biel Bienne, nella Svizzera tedesca, quando Enzo Bearzot, che nel frattempo aveva sostituito Nereo Rocco tornato al Milan, mi mandò in campo al posto di Cesare Maldini. Quello più importante fu però nel marzo ’72, nei quarti di Coppa delle Coppe a Glasgow contro i Rangers. Giagnoni mi inserì ad inizio ripresa, per Fossati, che stava soffrendo un po’ McLean. Stava già 1-0 e quello fu anche il risultato finale per i futuri vincitori del trofeo. L’ambiente era magico, 65 mila spettatori, senza recinzioni e nemmeno un insulto nonostante la nostra panchina fosse in mezzo ai tifosi scozzesi>.
Col Torino hai anche disputato un’amichevole al Mancini…
<Era prevista da contratto e si approfittò di una trasferta a Foggia. Fu il 9 marzo ’66 e Rocco davanti a 5 mila spettatori assiepati ovunque mi fece entrare nel secondo tempo contro la Vis e vincemmo 2-0, mentre nel primo contro l’Alma finì 4-0 per noi. C’è pure un bell’aneddoto. Durante l’intervallo il compianto giornalista ed amico Carlo Moscelli venne nel nostro spogliatoio e chiese a Rocco del mio impiego. Rocco, simpaticissimo, rispose in dialetto triestino: “Quella testa de gran casso de Barbaresi, idolo local, entrerà nel secondo tempo”>.
Col granata torinista conquistasti uno scudetto Primavera nel ’67, raccontaci qualcosa…
<Avevamo uno squadrone e mettevamo in seria difficoltà anche la prima squadra nella partitella infrasettimanale, tanto che a volte Rocco si inventava persino dei rigori inesistenti per non far perdere i suoi. Si raccomandava anche che non picchiassimo troppo Gigi Meroni, che comunque le prendeva senza mai lamentarsi. Lui era un fuoriclasse assoluto, un ragazzo d’oro. Siccome gli stavano ristrutturando la sua mansarda in Piazza Vittorio, per sei mesi dormì nella pensione con noi giovani che venivamo da altre città e spesso, per farci risparmiare i soldi del tram, ci accompagnava a turno agli allenamenti al Filadelfia con la sua auto>.
Nel mitico stadio Filadelfia si respirava aria di Grande Toro?
<Al Filadelfia, dove ci si allenava e giocava, anche i muri parlavano del Grande Toro. Il magazziniere Gildo Zoso, sfuggito alla tragedia di Superga di quel maledetto 4 maggio del ’49, ci raccontava ogni giorno le gesta di quella squadra leggendaria. Innamorarmi del Toro fu inevitabile per me. Attorno a noi c’era un calore incredibile, anche agli allenamenti al Filadelfia venivano migliaia di persone ed all’uscita era un affettuoso assalto per avere autografi>.
All’epoca nacque anche la profonda amicizia con Paolo Pulici…
<Con Paolino ci conosciamo dal ’67, ci sentiamo sistematicamente e lui è venuto spesso a trovarmi a Fano. Un uomo di una modestia impressionante, a dispetto del fatto che con i suoi 172 gol sia il calciatore del Toro più prolifico di tutti i tempi>.
Nel tuo secondo periodo all’Alma contribuisti poi alla galoppata per lo storico ritorno in C…
<Campionato ’75-’76, allenatore Attilio Santarelli. Il gruppo era quello del terzo posto della stagione precedente e trionfammo con un +8 sul Forlì di Vulcano Bianchi. Festeggiammo uscendo in mare coi marinai, allora i più accesi tifosi, poi finimmo la serata a casa del presidente Gianni Gentili, a Carignano, con una colossale sbornia. Da quel giorno non ho più toccato una goccia d’alcol, nemmeno se è dentro una caramella>.
*Gli appassionati dell’Alma possono trovare scatti storici nella pagina Facebook “Memorie Granata” creata da Andrea Manna.