Quando la politica perde il tempo: libertà, tempo e incertezza nella riflessione di Raimondo Cubeddu
Raimondo Cubeddu ospite del Club Occidente presenta La politica, il tempo e l’incertezza al Centro Convegni Colle Ameno, riflettendo sul ruolo della politica e il mutamento del ruolo della Chiesa nella società occidentale
Sabato 18 ottobre il Centro Convegni Colle Ameno di Torrette di Ancona ha ospitato un incontro di raro
spessore intellettuale dedicato al destino della politica nell’età del disincanto, in occasione della presentazione del volume di Raimondo Cubeddu, La politica, il tempo e l’incertezza (Edizioni Cantagalli, 2025), promosso dal Club Occidente sotto la presidenza di Giulio Argalia, con la partecipazione di Eugenio Capozzi ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Napoli.
Cubeddu ha offerto una riflessione approfondita sulla politica come attività di mediazione dello scambio, oggi indebolita nella tensione tra libertà individuale e responsabilità collettiva. La diagnosi è lucida e impietosa: da decenni l’Occidente vive un mutamento incessante che disgrega certezze, valori e forme di appartenenza, mentre la politica tenta invano di governare un cambiamento che spesso la sovrasta.
Il filosofo interroga la crisi di legittimità della politica, incapace di realizzare ogni desiderio umano e sempre più sola nella gestione della pluralità dei bisogni e delle aspettative. La religione, per secoli forza educatrice in sinergia con la cultura umanistica, si è dissolta dallo spazio pubblico, e con essa il linguaggio di responsabilità morale condivisa. Le istituzioni operano con lentezza, mentre i desideri mutano alla velocità dell’istante digitale, generando uno scarto che alimenta sfiducia e smarrimento collettivo.
Il mondo umano è “non ergodico”: irregolare, imprevedibile, incapace di essere racchiuso in schemi razionali stabili. Le innovazioni scientifiche, tecnologiche e morali si susseguono con tale rapidità da modificare valori e aspettative prima che le istituzioni possano reagire. In questo contesto, la politica perde ritmo, misura e linguaggio, e la libertà individuale rischia di dissolversi in consumi effimeri e desideri istantanei.
Cubeddu individua nella libertà e nello scambio, non nella virtù o nella coercizione, i metodi più realistici per tentare di essere felici entro la condizione umana di scarsità e incertezza. È una libertà consapevole del limite: non libertà di desiderare tutto, ma libertà di discernere e assumersi le conseguenze delle proprie scelte.
Nel dibattito è emerso anche il tema del mutamento del ruolo della Chiesa, non più depositaria di un’etica condivisa né mediatrice tra spiritualità e polis come mezzo secolo fa. In questo scenario, emblematico è il fatto che da oltre cinquant’anni la Chiesa abbia smesso di parlare del Giudizio Universale: quella rappresentazione grandiosa e terribile del tempo ultimo che per secoli educava l’immaginario dei credenti e non solo, al senso della responsabilità, della misura e della conseguenza morale delle azioni. La sua scomparsa dal linguaggio pubblico non è soltanto un fatto religioso, ma un segno della crisi di trascendenza della civiltà occidentale: la perdita di quel riferimento ultimo che fondava la possibilità stessa di un’etica comune.
Da questo scenario non emerge solo disincanto, ma un invito alla ricomposizione del pensiero politico. Cubeddu richiama a una politica sobria, consapevole della propria fragilità e capace di accettare l’incertezza come dimensione costitutiva dell’umano. In un mondo dove le regole si consumano rapidamente, l’unica costante possibile è la responsabilità. La libertà, per sopravvivere, deve imparare a convivere con il tempo, il limite e l’imprevedibilità.
L’incontro si è chiuso con una riflessione condivisa: la politica oggi non può più essere amministrazione del presente, ma deve tornare a essere cura del futuro. Il Club Occidente ha confermato la propria vocazione a luogo di dialogo tra cultura, filosofia e vita civile, offrendo alla comunità un’occasione rara di pensiero e libertà intellettuale nel cuore dell’incertezza contemporanea.
Nella foto Giulio Argalia, Raimondo Cubeddu e Eugenio Capozzi