Appunti del sindaco sui finanziamenti statali ai Comuni non Capoluogo

I comuni vengono da un lungo periodo di investimenti “bloccati”. Gli investimenti fissi lordi sono passati dai 15 miliardi del 2004 agli 8 miliardi del 2014 sino a segnare una ripresa nel 2019 superando di poco i 9 miliardi di euro. La spesa corrente non ha avuto una storia migliore. In cinque anni, dal 2011, tra tagli e mancati trasferimenti sono mancati ai bilanci dei comuni oltre 12 miliardi di euro.

> Gli investimenti realizzati dai Comuni, sono decisivi per quelle piccole opere e la manutenzione del territorio che maggiormente interessano le piccole imprese e in particolare quelle dell’edilizia e installazione di impianti. L’esame dei dati elaborati dalla Corte dei conti sui pagamenti degli enti territoriali del 2019 evidenzia “una ripresa dell’accumulazione di capitale pubblico anche se non sempre comune a tutte le aree.

> Tra città metropolitane e piccoli borghi c’è una realtà che rappresenta meglio di tutte l’Italia, quella delle città di medie dimensioni. cerniere fra aree urbane e rurali ma anche fondamentali punto di accesso per i piccoli comuni alle filiere produttive specializzate e di connessione con le vicine Città metropolitane. Il futuro del Paese parte proprio dalle città medie,

> Il cambio di passo nelle regole finanziarie e nella ripresa dei contributi dello Stato agli investimenti locali degli ultimi anni deve quindi ancora trovare un riscontro adeguato in termini di spesa pubblica effettiva. La dimensione relativa delle Città medie e la loro più forte dotazione di competenze e strutture rendono particolarmente adatti questi enti a svolgere un ruolo di primo piano per attivare percorsi di programmazione e di impulso anche nei confronti delle rispettive aree di appartenenza. (IEFEL Profili finanziari delle Città medie 2019)

> L’Istat ha individuato 21 “principali realtà urbane italiane” nelle quali vive il 36,3% della popolazione; 86 “sistemi locali delle città medie”, per i quali si è usato il criterio della popolazione urbana compresa tra i 50.000 e i 200.000 abitanti, nei quali vive il 26,4% della popolazione; e 504 sistemi locali minori nei quali vive il 37,3% della popolazione. Non possiamo quindi dire che le città medie sono oggi, con il loro territorio funzionale, il luogo in cui vive la maggior parte della popolazione italiana; possiamo però dire che un quarto della popolazione italiana vive nei sistemi locali delle città medie. (ISTAT Il potenziale delle Città Medie nel Sistema Italia).

> In sintesi le città medie italiane sono abitate dal 26% della popolazione italiana se le esaminiamo attraverso i loro sistemi funzionali, ma dal 18,3% se le esaminiamo dal punto di vista amministrativo. Sono quindi una realtà importante del Paese, ma di minor peso rispetto ad altre modalità insediative.

> L’assimilazione città media = Comune capoluogo di Provincia è sbagliata ed oltre a tagliar fuori numerosi comuni non capoluogo con popolazione (e problemi) superiori a quelli dei comuni capoluogo ignora una fascia importante di comuni che hanno sviluppato aree funzionali importanti e che quindi sono fulcro di servizi e motore di sviluppo per un territorio e di una popolazione che travalica il confine amministrativo.

> Nella maggioranza dei casi i capoluoghi provinciali sono anche le città più popolate, ad eccezione di Imperia, sopravanzata da Sanremo; Varese, che ha un migliaio di abitanti in meno rispetto a Busto Arsizio; Cosenza, dopo che nel Marzo del 2018 si sono fusi Corigliano Calabro e Rossano, superando in questa maniera il proprio capoluogo, Trapani, superato da Marsala ed infine Caltanissetta, sopravanzato da Gela. In assoluto il comune più popolato non capoluogo di provincia è Giugliano in Campania, in provincia di Napoli, con 124.400 abitanti, seguito da Guidonia Montecelio (89.300 ab.), provincia di Roma e Torre del Greco (85.300 ab.) in provincia di Napoli.

> I comuni capoluogo di provincia che hanno una popolazione uguale o inferiore a quella di Fano sono circa 1/3 del totale, quelli che hanno un estensione territoriale inferiore sono circa il 50%.

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Riferimenti normativi

Art 119 della Costituzione. Gli interventi finanziari dello stato in favore degli enti territoriali vincolati nella destinazione sono ammessi solo: 1) nell’ambito dell’attuazione di discipline dettate dalla legge statale nelle materie di propria competenza esclusiva; 2) nell’ambito della disciplina degli interventi speciali previsti dall’art. 119 della costituzione. tali interventi devono peraltro: – essere aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti agli enti territoriali, – essere riferibili alle finalità di perequazione e garanzia enunciate dalla norma costituzionale (promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, rimozione degli squilibri economici e sociali, promozione dell’effettivo esercizio dei diritti della persona) o a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni, – essere indirizzati a determinati enti territoriali o categorie di enti territoriali, – prevedere compiti di programmazione e di ripartizione dei fondi da parte delle Regioni all’interno del proprio territorio, nel caso in cui i finanziamenti riguardino ambiti di competenza, anche concorrente, delle Regioni medesime.

Art. 156 TUEL

  1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:
  2. a) comuni con meno di 500 abitanti; b) comuni da 500 a 999 abitanti; c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti; d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti; e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti; f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti; g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti; h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti; i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti; l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti; m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti; n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre.
  3. Le disposizioni del presente testo unico e di altre leggi e regolamenti relative all’attribuzione di contributi erariali di qualsiasi natura, nonché all’inclusione nel sistema di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, alla disciplina del dissesto finanziario ed alla disciplina dei revisori dei conti, che facciano riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica, ovvero secondo i dati dell’Uncem per le comunità montane. Per le comunità montane e i comuni di nuova istituzione si utilizza l’ultima popolazione disponibile.

Sintesi:

1) NON è UNA POLEMICA CONTRO I COMUNI CAPOLUOGO, NE’ UN’INIZIATIVA PER SOTTRARRE A LORO DELLE RISORSE

 

2) E’ UN’INIZIATIVA CHE HA L’OBIETTIVO DI METTERE TUTTI I COMUNI CHE HANNO GLI STESSI PROBLEMI E LE STESSE POTENZIALITA’ DEI COMUNI CAPOLUOGO NELLE CONDIZIONI DI POTER ACCEDERE ALLE MEDESIME OPPORTUNITA’

 

3) L’AVVIO DEL RECOVERY PLAN SARA’ UN MOMENTO FONDAMENTALE PER LA RIPRESA DELLO SVILUPPO DEI NOSTRI TERRITORI E PER RILANCIARE GLI INVESTIMENTI. DEVE ESSERE GARANTITA’ LA PARITA’ D’ACCESSO A QUESTE RISORSE SENZA FIGLI E FIGLIASTRI.

 

4) BISOGNEREBBE DEFINIRE UN SISTEMA DI EROGAZIONE DEI CONTRIBUTI STATALI AGLI ENTI TERRITORIALI CHE SI APPLICHI A TUTTI I CANALI DI INTERVENTO E CHE SI BASI SULLA PROPORZIONALITA’ INDIVIDUATA IN BASE A PARAMETRI CHIARI E OGGETTIVI.

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