DA FANO A BUENOS AIRES… AMICI SENZA FRONTIERE…
Secondo i dati a disposizione dell’AIRE, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, sono oltre 3 mila i fanesi che vivono fuori dai confini nazionali. Per i più il legame con la terra natia è però rimasto forte, quasi indissolubile, al punto da spingerli a tornare appena gli è possibile anche se solo per qualche giorno. Coi loro appassionati racconti su Fano sono per altro i primi perfetti testimonial della nostra città, ma allo stesso tempo svolgono pure il prezioso ruolo di guide o comunque di riferimento per quanti si recano là dove essi hanno scelto di trasferirsi. Raggiunti in vacanza, o per motivi di lavoro. Da parenti, amici di vecchia data, o sconosciuti concittadini. Sono, insomma, Amici Senza Frontiere a tutti gli effetti. Di qui l’idea della nostra Associazione (e grazie al sostegno di Naver Montaggi di Carmelo Cogliandro) di dedicargli questo spazio, per sentirci ancor più vicini nonostante le distanze e magari scoprire altri interessanti punti di vista. Stavolta abbiamo il piacere di ospitare Giordano Buresta, trasferitosi da bambino a Merlo in Argentina nei pressi di Buenos Aires.
Ciao Giordano, quale molla ti ha spinto fino in Sudamerica?
<Mio padre nel 1950 partì per lavorare in Argentina, insieme ad Irnerio Di Fino ed Enzo Filippetti. Dopo 4 anni con mia madre e i miei due fratelli fummo costretti a raggiungerlo, perché quello che ci mandava non era più sufficiente per il sostentamento della famiglia considerata anche la pesante svalutazione della moneta argentina. Così vendemmo casa e ci imbarcammo sulla Giulio Cesare, un transatlantico di lusso per l’epoca anche per chi come noi emigranti stava nella terza ed ultima classe. A me, che avevo 10 anni e non ero stato nemmeno a Pesaro, pareva di sognare. Quando però avvicinandoci al porto, verso le 5 del mattino, ci si materializzò davanti Buenos Aires in tutta la sua grandezza, la sensazione fu di essere in un mare di gente senza salvagente. Ho ancora i brividi, se ci penso>.
Quali sono state le maggiori difficoltà iniziali?
<All’inizio non fu affatto facile. Io venni via che frequentavo la 5^ Elementare al Corridoni e in pochi giorni mio padre attraverso le sue conoscenze riuscì ad inserirmi in una 4^, ma io non sapendo la lingua non capivo nulla di quello che diceva la maestra e non potevo comunicare con gli altri bambini. Inoltre avevamo un modo di vestire differente, sicché c’era chi rideva di me. Mi bastò però qualche mese per imparare e comunque ti devi per forza adattare>
Come ti ci trovi?
<L’Argentina accoglie bene gli stranieri e noi italiani qui siamo considerati gente che ha volontà di lavorare, senso della famiglia ed uno stile di vita che gli argentini ammirano. Non mi posso quindi lamentare nonostante le note problematiche esistenti in questo Paese, ma anche se fosse meraviglioso la mia Fano mi mancherebbe ugualmente>.
Cosa ti manca di Fano?
<Per me Fano non è una città, è un sentimento. Quello che ho vissuto in quegli anni prima di partire mi è rimasto in fondo al cuore e molte altre cose ho imparato ad apprezzarle nel tempo, con la lontananza. Una volta mi chiedevo come un posto così piccolo potesse attirare l’attenzione di turisti stranieri, che magari venivano da metropoli con grattacieli e mille opportunità. Poi invece tornando ho iniziato a guardarla con occhi differenti, realizzando che l’arco d’Augusto e le mura romane hanno più di 2000 anni. Fano è qualcosa di incredibile e più vado avanti e più ne sento la nostalgia>.
Quando sei tornato per la prima volta?
<Dal ’54 sono tornato per la prima volta nel ’75, con mia moglie. Ricordo che atterrammo a Madrid e noleggiammo un’auto, per prendercela comoda e visitare più luoghi possibili lungo il tragitto. Nei pressi di Milano di fronte ad un cartello con la scritta Fano ebbi però come una folgorazione e una smania di giungere a destinazione, così spinsi il Renault 5 ai 140 in autostrada. Arrivammo che il volante tremava e io pure, ma per l’emozione. Ci dirigemmo subito verso il quartiere Fanfani, dove viveva mia zia. Credevo di poter trovare la casa da solo senza chiamarla, invece ci dovemmo fermare a domandare indicazioni. Incontrammo una nonna col nipote e io mi rivolsi a lei in italiano, il problema è che la signora parlava solo il dialetto fanese. Risentirlo mi riportò indietro nel tempo, alla mia infanzia. Fu emozionante, come fu commovente riabbracciare di lì a poco mia zia. Adesso, se riesco, vengo ogni anno>.
Ad un argentino quali luoghi consiglieresti di visitare nella nostra città?
<Pur se ingegnere aeronautico ho lavorato 30 anni nella Ford diventando direttore generale e nel mio ufficio avevo messo un poster enorme col Pincio sotto la neve. Chiunque entrasse mi domandava che posto fosse e io giù a decantare le bellezze della mia città, come facevo anche coi miei amici. Ai dipendenti dicevo che se non parlavano bene di Fano, non gli avrei fatto fare carriera. Scherzi a parte, racconto che il nostro centro storico è un gioiello, dei resti romani, dei palazzi antichi, del mare, delle nostre manifestazioni come Carnevale e Fano dei Cesari, delle sagre e dei prodotti tipici. Senza dimenticare il nostro entroterra, con dei borghi e delle atmosfere che non ci sono altrove nel mondo>
Quali sono invece i tuoi posti preferiti là?
<L’Argentina è immensa e a livello naturalistico offre tantissimo. A me piace molto il nord, dove è rimasta una cultura precolombiana e ci sono paesaggi fantastici, tessuti dai colori stupendi, balli tradizionali ricchi di fascino. C’è poi la Ruta 40, questa mitica strada accanto alla Cordigliera delle Ande che rappresenta un’esperienza unica>.
Cosa porteresti dall’Argentina a Fano?
<In Argentina quasi ovunque c’è wi-fi libero, senza password. Nelle case, nelle strade, nelle piazze, nei negozi, nei parchi. Questo comunque vale anche per altre zone del Sudamerica, tipo Brasile e Uruguay. Penso che estenderlo anche là sia importante, è comodissimo>.
Ti capita di incontrare altri fanesi che risiedono lì?
<Io qui ho fondato Fanum Argentum, un club che diffonde tra noi fanesi ed italiani in generale tutto ciò che riguarda le nostre origini. Abbiamo fatto anche una piccola riproduzione dell’Arco di Augusto e persino una in scala 1:1 della Madonna del Ponte, che si trova in una chiesa a Sant’Antonio de Areco. Sant’Antonio de Areco sta nella pampa non lontano da Buenos Aires ed è meta di moltissime persone provenienti da ogni angolo del mondo, perché è la città dei gauchos ed è considerata capitale del folklore argentino. Chi entra in questa chiesa e vede l’immagine ha la spiegazione scritta di mio pugno della storia di quella originale e del posto dal quale viene, ovvero Fano, ma c’è pure una guida turistica che durante la visita ne parla>.