DA FANO AD HIROSHIMA… AMICI SENZA FRONTIERE…
Secondo i dati a disposizione dell’AIRE, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, sono oltre 3 mila i fanesi che vivono fuori dai confini nazionali. Per i più il legame con la terra natia è però rimasto forte, quasi indissolubile, al punto da spingerli a tornare appena gli è possibile anche se solo per qualche giorno. Coi loro appassionati racconti su Fano sono per altro i primi perfetti testimonial della nostra città, ma allo stesso tempo svolgono pure il prezioso ruolo di guide o comunque di riferimento per quanti si recano là dove essi hanno scelto di trasferirsi. Sono, insomma, Amici Senza Frontiere a tutti gli effetti. Di qui l’idea della nostra Associazione (e grazie al sostegno di Naver Montaggi di Carmelo Cogliandro) di dedicargli questo spazio, per sentirci ancor più vicini nonostante le distanze e magari scoprire altri interessanti punti di vista. In questa cinquantesima puntata abbiamo il piacere di ospitare Gabriele Diotallevi, che dal 2012 ha messo radici in Giappone.
Ciao Gabriele, come mai hai lasciato l’Italia e qual è la tua professione?
<Un bel giorno mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana… (ndr risata) Mi sarebbe piaciuto iniziare così, ma in verità ho iniziato a viaggiare per lavoro nel ’95 andando dapprima in Thailandia, successivamente in Brasile, Australia, Tunisia, Cuba, Mauritius, Spagna, Grecia e, già che c’ero, in tantissimi altri posti come turista. Dal 2012 sono in Giappone, ad Hiroshima, città natale di mia moglie, che ho conosciuto a Sidney in Australia, e poi pure di mia figlia. Insomma, grazie al mio lavoro di cuoco ho anche realizzato il mio sogno di viaggiare>.
Come descriveresti Hiroshima e quali luoghi consiglieresti di visitare?
<Hiroshima è una grande città di 1,5 milioni di abitanti, sul mare, con temperature simili a quelle di Fano. E’ molto commerciale, ma anche una meta turistica quasi d’obbligo in Giappone. Il suo Memoriale ed il Museo della Pace sono assolutamente da visitare: si rimane scioccati di fronte a certe immagini, però rafforzano il pensiero che simili atrocità non debbano più accadere a nessuno. Da non perdere anche la famosissima Isola di Miyajima, Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO, fantastica in tutte le stagioni, con cervi liberi che ti si avvicinano perché abituati all’uomo. Consiglierei comunque l’autunno, dai colori meravigliosi, e la primavera, con l’esplosione dei fiori di ciliegio (Sakura), come i momenti dell’anno migliori per ammirare la straordinaria bellezza della natura giapponese>.
Hai avuto problemi di ambientamento e se sì quali?
<A parte i primi anni, in cui ho provato a “scappare” un paio di volte, non soffro di malinconia. Diciamo che mi sento ancora un viaggiatore, un turista. Citando un’altra celebre frase di un film di Carlo Verdone: un po’ zingaro e un po’ peones (ndr risata). Di solito, però, il posto più bello per tutti è dove si è nati, coi suoi ricordi, la famiglia, gli amici, il mangiare. L’inserimento lavorativo è stato alquanto difficile, perché i giapponesi sono i più stakanovisti del mondo. Anche a danno della salute, tanto che in alcuni casi arrivano persino al suicidio. La svolta, per me, è stata passare ad un contratto part-time. Da allora sto benissimo>.
Hai dovuto cambiare delle abitudini?
<Ho cambiato moltissime abitudini, tipo il semplice togliersi le scarpe quando si entra in casa o il dormire nella stanza tatami (spesso tappeto di paglia) con il futon (materasso giapponese) che per noi italiani equivale a dormire per terra. Prendo la moretta col caffè americano: questa è forte lo so… trattenetevi dall’insultarmi! (ndr risata). E poi, come sempre più maschi giapponesi, faccio la pipì da seduto perché è più comodo e mantiene più pulito il bagno. Tra l’altro suggerirei di importare in Italia il brevetto dei loro bagni, che sono davvero spettacolari. Un’altra “stranezza” per noi italiani è quella di andare al mare vestiti stile pescatori di cozze con la muta (ndr risata), visto che il sole è troppo forte anche con la crema solare protettiva. Comunque sia, ci sono abitudini qui che vivi come una naturale crescita personale essendo circondato da esempi positivi che sei portato pian piano a ripetere>.
Un giapponese da cosa può essere affascinato di Fano?
<Penso che Fano sia un concentrato dell’Italia: ci sono storia, arte, feste, rievocazioni storiche, il Carnevale, la cucina, le spiagge. Per non parlare della contagiosa allegria della gente, che manca qua in Giappone>.
Che piatti tipici del Giappone faresti provare ad un fanese?
<Io amo la loro cucina, coi suoi mille sapori e gli ingredienti di ottima qualità. Dall’eccezionale riso al miso, prodotto dalla soia, dalle differenti alghe allo shiso, detto anche basilico giapponese. E poi i fiori e le foglie sotto sale del ciliegio, che danno al cibo un profumo strepitoso. Oramai è immancabile regalare a mio fratello una bottiglia di Umeshu, un liquore realizzato con una prugna acida. Ed andrei avanti ancora per molto, troppo per lo spazio che ho a disposizione. Anche io però ho portato qualcosa in Giappone: il finocchietto selvatico è stato un successo, un po’ meno il carciofo ed il tartufo. Ma a stravincere è stata la moretta, anche quella originale! (ndr risata)>.