emergenza COVID-19: aggiornamenti da Lusaka. Lettera di Mariangela Tarasco

Lusaka – E’ il 21 Febbraio 2020 quando il Ministero della Salute dello Zambia annuncia che, considerata la pandemia in corso in Cina, misure precauzionali sarebbero state applicate all’aeroporto internazionale Kenneth Kaunda per prevenire l’ingresso del Covid-19 attraverso i tanti voli giornalieri dalla Cina allo Zambia.

In una fase iniziale non si avverte nel Paese nessun tipo di pericolo; com’è accaduto anche in Italia infatti, si ritiene che sia un problema del popolo cinese e che difficilmente avrebbe riguardato un continente così distante. D’improvviso però arrivano le tragiche notizie dall’Italia, il virus sta piegando un intero Paese, lontano dalla Cina, in poche settimane. Le notizie e le immagini che arrivano dall’Italia scuotono il governo zambiano che inizia a mettere in pratica misure più efficaci contro la diffusione del coronavirus. I controlli in aeroporto e alle frontiere diventano sempre più numerosi e la quarantena domiciliare diventa obbligatoria per chiunque arrivi da un Paese a rischio. 

Finché, il 18 marzo 2020 su rete nazionale e sulla pagina facebook del Ministero della Salute vengono confermati i primi due casi zambiani positivi al Covid-19: si tratta di due cittadini da poco rientrati da un viaggio in Francia. Questa notizia arriva inaspettata e compromette le false speranze che circolavano in Zambia. Il Covid da pericolo lontano e da “malattia dei bianchi” diventa reale, tangibile e soprattutto colpisce due locali. Il Governo annuncia immediatamente la chiusura delle scuole e mette a disposizione 5 centri di quarantena (Levy Hospital, UTH, Chilanga Hospital, Bauleni Hopsital e UNZA) per i futuri pazienti positivi. Fortunatamente l’onda dei contagi non sale vertiginosamente e drasticamente come in Italia, ad oggi (28 Aprile 2020) infatti sono 95 i casi positivi confermati con 42 guarigioni, 50 casi attivi e 3 decessi.

Nelle ultime settimane il numero di tamponi effettuati è cresciuto in modo esponenziale, si è passati da una media di 50 test a 500 al giorno. Dal 18 Marzo, ogni giorno, il Ministro della Salute parla in diretta dalla pagina Facebook del Ministero per aggiornare quotidianamente sulle misure precauzionali via via più restrittive (come l’utilizzo obbligatorio della mascherina, il divieto di assembramento, la chiusura di chiese, bar e ristoranti) informa la popolazione sull’importanza del distanziamento sociale e delle misure di igiene da seguire scrupolosamente per evitare il contagio. Da subito per noi, operatori di Kanyama, area periferica tra le più povere di Lusaka, è risultato evidente non solo che le misure e le direttive del governo sono inadeguate per un Paese molto diverso dall’Italia o dalla Cina ma che, in aree come la nostra, sono addirittura impossibili da applicare.

A Kanyama, un agglomerato urbano che conta una popolazione di più di 700.000 persone, in cui manca un sistema fognario, l’acqua corrente e nel quale la popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, la mascherina, il distanziamento sociale e il lavarsi le mani frequentemente e con sapone sono beni e pratiche di lusso, riservate ai pochi ricchi delle aree residenziali.

La prevenzione qui non è un diritto o un bene alla portata di tutti. Come emerso qui a Kanyama, sono ancora troppe le persone che devono scelgliere tra un pasto e il possibile contaglio. In questo contesto diventa essenziale continuare il nostro operato e il nostro supporto giornaliero nella aree in cui nessuno arriva. Grazie ai progetti de L’Africa Chiama continuiamo a visitare i nostri ragazzi con disabilità nelle loro abitazioni, fornendo donazioni di cibo, mascherine e sapone. Offriamo non sono formazione su come prevenire il virus ma continuiamo anche le nostre sessioni di fisioterapia domiciliare.

La nostra Shalom Clinic ha continuato ad operare senza sosta in collaborazione con il Kayama first level Hospital per garantire alla popolazione i servizi di base in un ambiente sicuro e sanificato. Purtroppo però questa emergenza è arrivata in modo inaspettato e poter continuare a donare ed assistere i nostri beneficiari con i presidi medico-sanitari adeguati sta diventando sempre più difficile.

Ogni piccola donazione è per noi, qui sul campo, di fondamentale importanza per proteggere i ragazzi di Kanyama, le loro famiglie e i nostri operatori sanitari.

Mariangela Tarasco, Cooperante de L’Africa Chiama in Zambia

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