Pesaro 2024, a Pergola presentazione della doppia installazione di Arianna Pace Messaggio di posta da marco spadola: Pesaro 2024, a Pergola presentazione della doppia installazione di Arianna Pace
“Pietre che cantano” è un titolo bellissimo, – scrive Antonella Micaletti curatrice del progetto – arrivato con Arianna Pace, quando ormai il progetto di welfare culturale era nato e si stava sviluppando. L’artista è stata chiamata alla fine del 2023, ma con Giovanni Gaggia e le volontarie di Pergola – Auser, Proloco e Pergola Nostra – ci lavoravamo già da un anno. Ci siamo appropriati di quelle belle parole e le abbiamo usate per l’intero percorso, riavvolgendo il nastro della visione che ci aveva condotto fin lì, per dare un senso nuovo ed ulteriore a quanto stava accadendo. Ma cosa accadeva? Che ci si è accorti di una bella collezione di fossili che aspettava di recuperare il suo posto nel patrimonio culturale della città. Ma non solo. Che si è creata una sinergia tra amministrazione e mondo del volontariato cittadino con una particolare forza. Ma non solo. Che il mondo dell’arte e del patrimonio artistico antico si incontrasse con quello del contemporaneo di Casa Sponge e che nascesse una rete inedita e piena di passioni comuni. Ma non solo. Che il mondo della geologia diventasse un tema noto e diffuso tra i cittadini e che dalla collezione Piccinini si intravedessero relazioni e congiunture con contesti geografici e culturali lontani da Pergola e prima sconosciuti. Ma non solo. Che il mondo del volontariato scoprisse di avere un ruolo determinante non solo di supporto e aiuto, ma uno ben più importante di “empowerment” del territorio, investendo creatività e capacità progettuali nel trasformare un bene culturale in un percorso di ben-essere per tutti, prima di tutto per sé stessi. Ma non solo. Che l’attività di volontariato si collocasse in una ottica prospettica, progettuale, facendo rete con soggetti diversi e con il pubblico. Ma non solo. Come una pianta il cui fusto cresce a spirale e produce foglie e fioriture difficilmente prevedibili, il progetto “Pietre che cantano” si è sviluppato in modo organico, vitale, aggregativo: nessuna gerarchia, nessuna divisione dei ruoli se non per competenze e la ricchezza di una rete che ora è ben radicata nella città. Sono davvero orgogliosa di aver seminato questo progetto, che è cresciuto da solo, senza verticismi e con equilibri tutti suoi, che è cresciuto con e grazie alla comunità di Pergola. E quella comunità ora speriamo si rispecchi nel lavoro finale di Arianna Pace, che quelle persone, quei luoghi e quelle pietre ha incontrato, in paese e in montagna, nelle case e per strada. La rete ora si stringe intorno al lavoro di Arianna che ha colto l’eco dei canti di Fonte Avellana, ha seguito le pietre che ora ci portano dove stanno i fossili raccolti dal Piccinini e là dove si possono osservare i monti da cui sono stati prelevati: la biblioteca cittadina e Casa Sponge. Una grande mappa ridisegna paesaggi meno lineari ma più densi, dove geologia, arte contemporanea, pietre e sentieri si intersecano; ma soprattutto dove è possibile intravedere i segni delle persone incontrate in questo percorso.
Ma non solo questo, perché questo è solo ciò che vedo io.
“Pietre che Cantano” si compone di due installazioni. – dichiara Arianna Pace – Partendo dalla collezione di fossili Piccinini, ho indagato il rapporto domestico che gli abitanti di Pergola e ognuno di noi può avere con la pietra/roccia/sasso. Cosi dopo essere stata accolta nelle case dei pergolesi, ho avuto la possibilità di ascoltare storie preziose, diventate il punto di partenza per un dialogo tra l’elemento inorganico e l’uomo. In un secondo passaggio, affiancata dal geologo Francesco Rosati, abbiamo ripercorso i passi che portarono Piccinini alla scoperta dei fossili. Partendo dal Monastero di Fonte Avellana, ho proposto un metodo di ricerca condiviso con la comunità: camminare come strumento per riconoscere il senso delle cose, come primo passo per costruire un paesaggio, dove le strade non conducono più soltanto a luoghi ma sono esse stesse dei luoghi. Cosi lo spazio in cui ci si trova diventa soggetto attivo, produttore di affetti e relazioni. Il sentiero percorso si trasforma in un’impresa conoscitiva collettiva. Informazioni geologiche ed un esercizio poetico sono stati proposti al pubblico per un’osservazione diversa del paesaggio circostante. L’opera all’interno della teca presenta, attraverso il frammento fotografico, un paesaggio ricostruito e vissuto con la comunità, mettendo in evidenza dettagli visibili e non visibili. La seconda installazione abita Casa Sponge. Una sezione sottile di rosso ammonitico dipinta su una lastra di plexiglass. Si chiama sezione sottile un finissimo strato di roccia, reso allo spessore di 0,03 millimetri che ci permette di vedere attraverso. Cosi l’osservatore diventa soggetto attivatore dell’opera stessa, a lui il compito di far dialogare lo spazio domestico interno con il paesaggio esterno. Interno ed esterno si sovrappongono dando origine, di nuovo, ad un paesaggio sensibile.