Pinocchio e il mare
Nella foto a fianco Roberta Bagnati, medico professionista presso il Centro Trasfusionale Fano e autrice di racconti per bambini.
C’era una volta un bambino così triste che sembrava essere fatto di legno. Il suo nome era Pinocchio. Aveva il cuore irrigidito dalla paura e dalla miseria, la bocca secca come segatura, le braccia e le mani indurite dal lavoro e dal freddo quotidiani e gli occhi ormai asciugati di tutte le lacrime che non aveva potuto versare, in quel mondo fatto di uomini duri e spregiudicati. Era nato in un paese dal quale chiunque avrebbe voluto scappare. La mamma e il papà lo amavano ma sapevano che lì per il loro piccolo non ci sarebbe stato alcun futuro, perciò con gli ultimi risparmi gli regalarono un biglietto per una vita più sicura, felice e libera. E fu così che iniziò il viaggio. Salì su una barca di legno, curva e dura come solo un vecchio scafo malandato può esserlo, ma anche scricchiolante di paure ed insicurezze. Pinocchio non aveva mai visto il mare e quelle onde ora scure e tenebrose, ora turchine e spumeggianti gli incutevano al tempo stesso meraviglia e terrore. Intorno a lui altri bambini, impauriti e rigidi come burattini, aspettavano di andare incontro ad un nuovo destino. Alcuni soli, altri insieme alla famiglia. I giorni passavano e Pinocchio cercava di immaginare il paese che lo avrebbe ospitato. Se lo figurava pieno di bambini veri, il cui cuore poteva battere senza paura, gli occhi piangere, le gambe correre e giocare, la mente avere solopensieri spensierati. Poi arrivò una notte colma di vento e la barca di legno si rovesciò in mare. Il piccolo pensò che non poteva morire, perché il legno galleggia sull’acqua e che forse una balena lo avrebbe salvato, accogliendolo nel suo grembo. Non sapeva che non ci sono balene nel mar Mediterraneo, ma una barca grigio-azzurra, comparsa dal nulla come una fata, lo portò in salvo. Pinocchio era arrivato in un luogo nuovo, dove fu accudito e curato ed iniziò piano piano la sua rinascita. Una nuova famiglia lo ospitò e lui capì che poteva finalmente permettersi di diventare quello che era sempre stato: un bambino in carne ed ossa, libero di piangere, ridere e sperare.
Dedicata a tutti i piccoli Pinocchio che non ce l’hanno fatta.