ANTONIO UGOLINI – 50 facce di un’opera sola 1974-2024
Continua con successo la programmazione degli eventi di Spazio 22 Art Gallery, in Piazza Dante a Fossombrone. Inaugurerà infatti sabato 5 ottobre alle ore 17,30 la mostra personale dell’artista Antonio Ugolini dal titolo “I miei omaggi. 50 facce di un’opera sola”, a cura di Anna Maria Matteucci.
Una fotografia, il primo passo da cui tutto ha preso l’avvio, rappresenta quattro oggetti: due lattine di Coca Cola, una ancora chiusa, una aperta e rovesciata, due bottiglie dello stesso marchio, una aperta e in parte consumata, una ancora chiusa. Questo semplice soggetto che vedremo declinato in molti modi e contesti diversi, è già una scelta, una prima rappresentazione che merita qualche riflessione. Facile, inevitabile, il rimando alla Pop Art, visto il marchio iconico stampato sui recipienti della nota bevanda americana.
Ugolini del resto era stato un giovanissimo visitatore della Biennale del 1964, folgorato dalla novità rappresentata dalle opere degli artisti americani giunte per la prima volta nel nostro paese che avevano aperto un mondo inedito di nuovi linguaggi visivi. Va detto che in Italia la novità della Pop Art si innestava in un terreno quanto mai fertile. Era una stagione particolarmente feconda, anni di grande fermento culturale, una seconda ondata di avanguardie già dagli anni ’50 aveva attraversato il mondo dell’arte.
Da poco diplomato all’Accademia di Belle Arti di Urbino, nella mostra personale del 1972 alla Galleria Il Segnapassi di Pesaro con il significativo titolo Non c’è più religione? un giovane Antonio Ugolini presentava alcune opere, ancora oggi sorprendentemente attuali, su di un tema complesso che toccava il senso della religiosità e del sacro, argomento non facile da affrontare senza urtare sensibilità e suscitare indignate proteste.
Veniamo ora a quei quattro banali oggetti, due lattine e due bottiglie, apparentemente disposti con casuale incuranza, che tuttavia divengono protagonisti assoluti della scena. Come non pensare alle nature morte silenti e impolverate di un certo Giorgio Morandi? E la scelta di agire in ambito artistico non con i soggetti e i materiali nobili della tradizione accademica ma con oggetti ordinari, facilmente reperibili, collegati, anzi prelevati dalla quotidianità e dalla vita vera, non è forse alla base delle poetiche dell’Arte Povera? Non è un caso che nei primi anni ‘70 uno dei docenti dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, dove Ugolini completa il suo ciclo di studi, fosse quel Pier Paolo Calzolari esponente di primo piano del movimento d’avanguardia che pochi anni prima Germano Celant aveva portato all’attenzione internazionale.
Vediamo ora questo soggetto, sempre quello, entrare da protagonista dentro il mondo di cinquanta artisti diversi, o forse succede il contrario, sono i mondi degli artisti che vanno a disporsi intorno al soggetto, lo modificano secondo uno stile preciso, in un continuo rispecchiamento e scambio di ruoli. E’l’arte, anzi la Storia dell’Arte, che mette in scena sé stessa.
Come tutte le operazioni artistiche ben riuscite, questo lavoro di Antonio Ugolini si presta a diversi livelli di lettura. Esiste sicuramente una dimensione leggera, ludica, con i rimandi e le citazioni dell’autore che studia modo e maniera di un altro autore, famoso o almeno dotato di una certa riconoscibilità. Noi che guardiamo siamo catturati dal gioco e accettiamo la sfida. In base allo stile andiamo a riconoscere volta per volta il personaggio di cui l’autore si è servito per mettere in scena il suo still-life.
In una lettura psicoanalitica invece, potremmo osservare la ripetizione ossessiva dello stesso soggetto e la sua dilatazione nel tempo. Situazione ampiamente esplorata da molti artisti perché l’osservazione insistita rende le cose nel loro nucleo mistico e misterioso. Primo fra tutti Cézanne che in venti anni dipinse Mont Sainte Victoire circa ottanta volte tra olio e acquerello, oppure le trenta cattedrali di Rouen dipinte da Monet tra il 1892 e il 1894, o il Monte Fuji di Hokusai.
Esiste poi il livello dell’Estetica, inteso come meditazione filosofica che passa dal pensiero di Hegel, a quello di Arthur Danto, con le sue riflessioni sullo stile individuale, sulla maniera e sui linguaggi artistici e su come un’opera entra in rapporto con la storia dell’arte, con il proprio tempo e con il concetto stesso di tempo.
Declinare lo stesso soggetto in molti stili diversi, è in primo luogo una complessa e raffinata operazione concettuale.
Realizzata in diversi ambiti, in musica, in letteratura: Esercizi di stile di Raymond Queneau, del 1947, pubblicato in Italia nel 1983 con la traduzione curata da Umberto Eco, novantanove versioni della stessa semplice storia, scritta ogni volta in un stile letterario differente. L’originalità del testo di Queneau ha suscitato interesse di altri ambiti artistici, fumetto, video, celebre la riduzione teatrale di Paolo Poli.
In qualunque modo si voglia leggere questo lavoro è evidente la solida base culturale e tecnica che un’operazione di questo tipo richiede. L’autore dopo aver a lungo studiato un artista, lo stile, la composizione, i colori e i testi che lo riguardano, chiude tutti i libri di storia dell’arte e procede a memoria nel realizzare un’immagine che è indubbiamente sua, ma alla maniera di Picasso, Banksy, Hopper, Warhol, Matisse, ecc ecc.
I grandi classici, Van Gogh, Modigliani, De Chirico, Magritte, Picasso ma anche Pozzati, Angeli, Guttuso, i sempreverdi Pop, amatissimi negli anni ’80/’90: Warrol, Lichtenstein, Haring, il poverista Pistoletto, per arrivare al contemporaneo Banksy, ma non mancano alcuni pezzi che rendono omaggio all’arte antica, uno ispirato a Raffaellino Del Colle, e poi un’icona con fondo oro, anche un autore fiammingo e addirittura un Bosch.
Disegnatore dotato di una perizia tecnica eccellente vista la sua formazione presso la Scuola del libro di Urbino, di cui Ugolini è stato studente e poi apprezzato docente di Progettazione Editoriale e Storia delle scritture poi gli studi all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Va aggiunto a tutto questo una frequentazione lunghissima del mondo della moda e della pubblicità, una collaborazione di oltre venticinque anni con un noto brand di fama internazionale. Un background di eccezionale qualità che oggi porta alla nostra attenzione un’opera complessa, articolata, multiforme e di non facile collocazione perché unica, originale. Cinquanta modi diversi di declinare lo stesso soggetto attraversano tutto ciò che si è prodotto di importante in questi cinquanta anni in Italia: la Metafisica del soggetto banale, la Pop Art e i marchi iconici trasformati in opera d’arte, l’Arte Povera e l’aspetto concettuale e mistico del quotidiano e del vissuto personale, la Transavanguardia e il ritorno alla pittura ed all’oggetto quadro, il Postmoderno e l’appropriazione dei più disparati stili per creare la sintesi di uno stile personale. Un’opera aperta, che potrebbe avere ulteriori sviluppi che attendiamo con curiosità di vedere.
La mostra che inaugura sabato 5 ottobre alle 17.30 resterà aperta fino al 27 ottobre e sarà visitabile ogni venerdì, sabato e domenica dalle 17 alle 20 oppure su appuntamento chiamando il n. 338 5712330