Traghetti e navi veloci: l’impegno per l’ambiente è ancora un miraggio
L’Indagine di Cittadini per l’aria su 32 società armatrici operanti in Italia per conoscere le azioni intraprese per ridurre l’inquinamento nei nostri porti ha confermato che si sta facendo ancora troppo poco. Su una flotta complessiva di 174 navi, a oggi solo 4 equipaggiano sistemi di riduzione delle emissioni
e prese in considerazione hanno già adottato dei sistemi per ridurre le emissioni inquinanti, mentre sono in costruzione solo altri quattro traghetti meno inquinanti. Poco più del 2% del totale della flotta circolante nei nostri mari ha messo in atto misure per proteggere l’ambiente e la salute delle persone.
Solo Grimaldi ha già in mare due traghetti che possono azzerare le emissioni in porto grazie alle batterie installate a bordo e ridurle durante la navigazione grazie agli scrubber, lo stesso sistema di abbattimento dei gas di scarico adottato anche sul traghetto Vizzanova di Corsica Linea. Caronte & Tourist ha già in funzione un traghetto compatibile con il GNL. Sempre di gas naturale liquefatto si parla per i nuovi traghetti di Tirrenia e GNV, attualmente in costruzione.
Cittadini per l’aria ha scritto a tutte le compagnie che operano in Italia nel settore del trasporto marittimo passeggeri e Ro-pax[1], formulando un elenco di domande riguardo le azioni intraprese e gli investimenti programmati per migliorare le prestazioni ambientali delle proprie flotte. Ne ha ricavato un report nel quale indica criticità e possibili soluzioni.
La grande maggioranza delle 32 compagnie interpellate non sta facendo nulla per rendere le navi meno inquinanti mentre si contano sulle dita di una mano gli armatori che hanno cominciato a investire per rendere i propri traghetti più sostenibili. L’indagine evidenzia inoltre che l’età media delle navi che effettuano il trasporto passeggeri in Italia è di 29 anni, con punte di oltre 65. Un dato, questo, spesso proporzionale al livello di emissioni rilasciate in atmosfera.
La mancanza di impegno ambientale è ancora più grave se si considera che un gruppo di questi armatori riceve, ogni anno, oltre 250 milioni di euro complessivi sotto forma di contributi pubblici per il servizio di trasporto passeggeri.
Secondo recenti studi, l’attivazione di un’area ECA (Emissions control area) per imporre alle navi l’uso di carburanti con un tenore di zolfo dello 0,1% e l’adozione di sistemi di abbattimento degli ossidi di azoto nel Mediterraneo salverebbe, solo in Italia, almeno 600 vite all’anno.
Oggi le navi passeggeri utilizzano carburanti con un contenuto di zolfo di migliaia di volte maggiore di quello utilizzato dai veicoli sulla terra ferma e, stazionando in porto, diffondono veleni che mettono a rischio la salute degli abitanti e dei loro stessi clienti.
“Questa indagine mostra le conseguenze dell’aver esentato l’industria navale da ogni richiesta di tipo ambientale. Oggi assistiamo a una situazione paradossale: molte di queste imprese sono destinatarie di contributi pubblici, anche molto rilevanti, mentre rendono irrespirabile l’aria dei porti nei quali attraccano. Elettrificazione delle banchine o adozione di batterie per le navi ormeggiate, filtri anti-particolato, passaggio a sistemi di alimentazione ibrida o elettrica per i vascelli, affidamento di contratti di trasporto pubblico ad armatori con flotte “pulite” sono i punti fondamentali dai quali ripartire”. Così Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria Onlus, che ricorda: “GNL e scrubber contribuiscono a ridurre l’impatto dei fumi sulla qualità dell’aria ma restano dei piani di ripiego che pongono comunque rischi per l’ambiente. La via maestra rimane quella dei carburanti a basso tenore di zolfo con filtri e sistemi di abbattimento degli ossidi di azoto (NOX), puntando all’elettrificazione e ad altre tecnologie innovative che riducano le emissioni mediante sistemi davvero rinnovabili”.
[1] Traghetti per trasporto persone e veicoli